Gli animali in Sicilia (così come nel resto del mondo) erano fonte di vita per le persone e costituivano aiuto per il lavoro e per gli spostamenti. Sulla groppa dei cavalli veniva appoggiata “a vardedda“, utile per la mansione che l’animale doveva svolgere.
Classica sella del ‘900, in Sicilia, era una delle più povere perché costituita da materiali comuni e poco pregiati e si differenziava dalla classica sella moderna nella struttura.
La vardedda e la sua struttura
Pressoché priva di arcione, era costruita attorno ad un elemento di legno a forma di semicerchio e costituita da pellame e tela imbottita di borra, cioè pelo.
Il risultato era una postazione comoda per il cavaliere che, in tal modo, poteva usare il cavallo per spostarsi comodamente.
La vardedda era appoggiata alla groppa del cavallo e fatta aderire bene, in modo da non dare fastidio né all’animale, né al cavaliere.
Elemento caratteristico era la cinghiatura. Questa era effettuata facendo passare i lacci in cuoio della sella sotto la pancia dell’animale in appositi anelli, più e più volte.
Non vi erano fibbie e la sella risultava, talvolta, poco sicura.
La storia e le origini
Risalendo alle origini dell’uso della bardella, possiamo ritrovare un’influenza spagnola.
Il cavallo è stato, da sempre, l’animale perfetto per essere usato in guerra e in parate militari ed è diventato, in Spagna, simbolo e protagonista di molti quadri famosi.
Soprattutto nelle imprese belliche, la vardedda era uno strumento facile e veloce da usare e questo rappresentava un elemento chiave in quei momenti in cui la rapidità poteva cambiare le sorti di una battaglia.
Con il tempo vennero proposti vari tipi di vardedde, ognuna con caratteristiche diverse.
Vennero migliorate le qualità dei materiali (soprattutto del cuscinetto) aumentandone l’imbottitura e proteggendo la parte più esposta con il cuoio.
In Sicilia
“Prima la sedda, po’ la vardedda (suttasedda, rimediu): ‘n appufittari e mancu strafari“
Come già anticipato, il cavallo rappresentava un’elemento importantissimo della forza-lavoro e un’ottimo mezzo con cui spostarsi da un luogo all’altro.
Per la mancanza di strade sterrate, il carretto siciliano si sviluppò soltanto nel 1800. Prima, dunque, il cavaliere montava direttamente sulla groppa del cavallo.
L’animale doveva continuare a galoppare, insieme al fantino, per tratti di strada a volte scoscesi e la persona doveva rimanere in una posizione poco naturale.
In questo modo era possibile trasportare le merci e portare avanti il commercio nell’isola.
Paolo Manetta
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