Mercante in fiera
Il mondo esterno impara a conoscere la Sicilia attraverso i paesaggi assolati delle cartoline o imbattendosi nell’immagine di un cannolo alla ricotta mentre si cerca qualche spunto per un dolce da offrire agli ospiti in visita. In questo articolo però vorrei allontanarmi dalle splendide spiagge dell’estate isolana per presentarvi un’altra eccellenza della Sicilia, fra i rami del suo inverno: la mandorla.
Per farlo ho bisogno di introdurvi un curioso personaggio, il caro zio Sasà, detto “l’imbattibile”. Sì, perchè l’inverno, dalle mie parti è sinonimo di frutta a guscio e interminabili sessioni a Mercante in fiera, un gioco di società in cui ogni partecipante tenterà di vendere, barattare e acquistare le merci più preziose. Zio Sasà non perde mai!
-Ho il fiuto per gli affari, nipote – sostiene orgoglioso mentre si accarezza la barbetta – Nelle mie vene scorre sangue da Vanniaturi (il venditore ambulante che attirava l’attenzione dell’acquirente gridando, “vanniando”) –
Qualche tempo fa, seduti attorno al tavolo, cominciamo a contrattare per la sua merce più preziosa: un lucente lingotto d’oro che la carta lucida rende ancora più splendente.
-Devo assolutamente averlo! – penso
La contrattazione
Il mio sguardo incrocia quello di zio Sasà che, attendendo la mia offerta, si allunga per raggiungere una ciotola di confetti. La mia mano di carte è composta da cianfrusaglie varie e una cassa di mandorle, maledico la sorte e un rivolo di sudore freddo scorre dalla fronte alla guancia. Così azzardo un bluff: mostro la carta che raffigura la cassa di mandorle.
-Zio Sasà – esordisco, lo scrunch scrunch dei confetti nella sua bocca si ferma per un istante e capisco di avere la sua totale attenzione – Quelle che ti offro non sono semplici mandorle, sono mandorle siciliane –
Lo zio alza le sopracciglia e punta gli occhi sull’immagine della carta.
-In quella cassa, caro zio, non ci sono soltanto le migliori mandorle al mondo, ma un viaggio attraverso la storia e le antiche civiltà che hanno arricchito la Sicilia. Pensa che sono stati i fenici a portare nella nostra terra i primi alberi dall’Asia, perché sapientemente avevano capito che il clima dell’isola era perfetto per coltivarli –
I ricordi
-Siamo sempre stati un popolo accogliente – sorride lo zio Sasà – Con le persone tanto quanto con le piante, credo bene che si siano ambientate perfettamente. Ricordo ancora le storie della nonna, sai? Con i rami carichi di meravigliosi fiori bianchi si intrecciavano gli addobbi per la “vara” (il piedistallo sul quale è collocata la statua), in occasione della festività di S. Giuseppe. Poi, quando arrivava il periodo della sbucciatura, si riuniva tutto il paese per “curtigliare” (aggiornarsi sulle ultime novità del vicinato, frivole e non) e infine con le scorze si alimentavano le stufe per scaldarsi nelle sere d’inverno –
Condivido la sua espressione nostalgica ricordando di quando, da piccolo, la nonnina mi portò ad Agrigento per la Sagra del mandorlo in fiore. La grandezza della città della Valle dei templi, la sua caratteristica terra rossa, ad incorniciare un’esperienza unica di sapori e profumi tipici, che si mescolano e trasportano le genti in festa come fa un soffio di vento con le foglie. La frutta di Martorana riempie le bancarelle, sembrano cariche di frutta fresca come al mercato, una cura straordinaria dei dettagli la rende un prodotto artigianale ai limiti dell’artistico: deliziose sculture tanto belle quanto buone. E infine, dopo una lunga giornata a passeggiare insieme alla nonna, non esiste bevanda più dissetante per un bambino, come lo ero io, di un dolcissimo bicchiere di latte di mandorla fresco.
Le innegabili qualità delle mandorle
-Chissà se… – la voce dello zio Sasà mi riporta sulla terra ferma – …Se è vera la storia che mangiarne una manciata al giorno sia un toccasana –
-Di certo, dopo il ventesimo confetto, direi che tu ne abbia preso più di “una manciata al giorno” – penso fra me e me, osservando la ciotola quasi vuota sul tavolo mentre mi limito ad annuire con la testa.
Ma in fondo, quando si tratta di mandorle, nemmeno io saprei darmi un contegno, come quella volta in cui, a pranzo da zio Sasà, quasi esaurii le sue scorte di pesto alla trapanese per quanto fosse squisito con le sue pennette fatte in casa.
Un tonfo mi fa sobbalzare: il braccio dello zio Sasà si abbatte sul tavolo, la sua mano tocca la mia carta. Dall’altro lato, io faccio un minimo di resistenza prima di cedergliela, quasi non volessi più farlo.
-Accetto la tua offerta, caro nipote – sorride beffardo mentre procede allo scambio, e sul mio volto comincia a delinearsi un’espressione rassegnata: l’invincibile zio Sasà non si può battere, riesce sempre ad assicurarsi la merce più preziosa.
Luigi Cippone