Arbìtiu o trafila in bronzo

L’arbìtiu o trafila in bronzo è un attrezzo del passato, l’antenato della moderna trafila, utilizzato dai nostri nonni per realizzare pasta e biscotti; è, a tutti gli effetti, una pressa che sfrutta il meccanismo della vite senza fine che converte la forza muscolare nell’energia necessaria per spingere la pasta attraverso i fori delle trafile; di queste ultime ce n’è una diversa per ogni formato di pasta o di biscotti desiderato.

Diffuso praticamente su tutto il territorio nazionale, se il modello varia leggermente, la funzionalità e il meccanismo sono gli stessi. Oggi si può ammirare nei musei, è ambito dai collezionisti o fa sfoggio di sé come originale complemento d’arredo nelle case private, ma fino a qualche decennio fa era un oggetto di uso comune; molte famiglie ne possedevano uno e quelle che non ce l’avevano se lo facevano prestare o pagavano per usarlo. 

Materiali, componenti e struttura

L’arbìtiu o trafila in bronzo è costituito da una sorta di banchetto di legno, cipresso, quercia (rovere), faggio, purché forte e pesante, in modo da fornire stabilità durante l’utilizzo e resistere alle continue sollecitazioni.

È composto da una base centrale di 80×20/22 cm, al cui centro si trova un foro che serve come alloggio per la trafila, ha una altezza di circa 60/65 cm, con gambe inclinate di circa 22 gradi e due traverse laterali come sostegno. 

La trafila invece è composta da un unico corpo, realizzato però con due metalli diversi: la parte strutturale è in ferro battuto e serve per ancorare la trafila, imbullonata  alla base con l’ausilio di tre supporti con foro quadro; la parte centrale è in bronzo, è di forma cilindrica, cava all’interno, con un diametro di circa 8 cm, fissato su dei supporti in ferro sempre con l’ausilio di perni e montato verticalmente sulla base.

Nella parte superiore della trafila vi è una grossa vite alla cui estremità c’è una sezione quadra dentro alla quale si inserisce il manico per l’avvitamento; per gli impasti più duri come quello della pasta, la cui lavorazione richiede una maggiore forza, può essere montato a impugnatura singola e con una lunghezza di 80 cm, in modo da sfruttare al massimo la leva; per impasti più morbidi, come quello dei biscotti o dei formati di pasta lunga, che necessitano di meno forza, il manico può essere usato a doppia impugnatura. All’estremità inferiore della vite è invece montato un disco di bronzo che funge da stantuffo.

Funzionamento e utilizzo

Il funzionamento è molto semplice: per prima cosa si svita completamente la vite, dopodichè, sul fondo del cilindro si sistemano dei dischi in bronzo, le trafile, matrici forate in maniera differente per ottenere diversi formati di pasta: da quelle semplici con fori di vari diametri per la pasta lunga, a quelli per la pasta corta, all’interno dei quali è incastonato una sorta di uncino che dava forme di vario tipo alla pasta, così da ottenere maccheroni,cavatelli, pasta riccia ecc., alle trafile per i biscotti.

Dopo aver sistemato la trafila giusta per il formato desiderato in fondo al cilindro, vi si infila l’impasto, circa 800 grammi, e si comincia ad avvitare nuovamente la vite, il cui stantuffo spinge l’impasto attraverso i fori della trafila dalla quale fuoriesce nella forma desiderata, va man mano tagliata della lunghezza adatta e adagiata su una base di legno posta sotto la trafila. La pasta così realizzata si appende a delle canne o nei canestri dove si asciugherà.

Al giorno d’oggi la forza usata non è più quella delle braccia, è l’energia elettrica a muovere le trafile moderne, ma il principio e il meccanismo rimangono gli stessi, così come il risultato: questa lavorazione, ora come allora, conferisce alla pasta, grazie al passaggio forzato attraverso i fori dei dischi in bronzo, una rugosità e un’opacità tipici, della quale solo la pasta artigianale trafilata al bronzo può farsi vanto.

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